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Trovato un tallone d'Achille per i prioni

Trovato un tallone d'Achille per i prioni

Dallo studio di proteine malate e del loro target nuove prospettive terapeutiche. Ricerche presentate a Hyderabad (India), durante il Congresso generale della TWAS

I prioni, le proteine che causano le encefaliti spongiformi (mucca pazza) sono ancora entità misteriose: per ragioni ignote passano da una forma innocua normalmente presente nel nostro organismo, a una forma patogena che distrugge il sistema nervoso. Tuttavia una ricerca firmata da Yraima Cordeiro, docente all'Università di Rio de Janeiro e membro della Twas - l'accademia delle scienze per i paesi in via di sviluppo che ha sede a Trieste - ha individuato un tallone di Achille nel meccanismo che converte la forma sana (chiamata PrPC) nella forma maligna chiamata PrPSc, schiudendo la via a possibili strategie terapeutiche. La forma nociva PrPSc, infatti, tende a formare aggregati di proteine che danneggiano il sistema nervoso provocando neurodegenerazione. Bloccare questa conversione significa arrestare il processo patologico, e Yraima Cordeiro è sulla buona strada.

È questa una delle ricerche di punta di cui si discute a Hyderabad, nel Sud dell'India, in apertura del 21mo Convegno generale della Twas. Durante il convegno, che è iniziato questa mattina e si concluderà il giorno 22, verranno assegnati riconoscimenti specifici a singoli ricercatori e sarà assegnato anche il premio Ernesto Illy Trieste Science Prize. Oltre 350 scienziati provenienti da 35 paesi che si sono riuniti in questi giorni a Hyderabad. Tra gli appuntamenti in agenda una tavola rotonda che esaminerà possibili forme di collaborazione tra Africa e India, ma anche temi legati alla sicurezza agroalimentare e a strategie di adattamento ai cambiamenti climatici.

Yraima Cordeiro insegna farmacia all'Università di Rio de Janeiro, ma la sua specializzazione è lo studio della biochimica delle proteine, in particolare dei prioni. "Studio queste proteine dal 2000 - racconta Corderiro - e dal 2007, assieme ai miei collaboratori, ci siamo focalizzati sullo studio di sostanze che possono inibire la conversione della proteina da una forma all'altra". Molte sostanze sono state testate nei laboratori di tutto il mondo: si va dagli antimalarici, alle profirine, sostanze chimiche che nella formula ricordano quella dell'emoglobina del sangue. Molte di esse mostrano blande attività antiaggreganti nei confronti della proteina infettiva, ma solo nei test in vitro. Altre si sono rivelate tossiche per organi interni come il fegato. Altre ancora, come la chinacrina, non sono riuscite ad aumentare la sopravvivenza degli animali da laboratorio.

"Prendendo spunto da ricerche precedenti - spiega Cordeiro - abbiamo studiato una regione precisa della proteina prionica, quella coinvolta nel passaggio di forma. Abbiamo costruito piccoli frammenti di proteina contenenti questa regione, e li abbiamo incubati in provetta con concentrazioni diverse di due sostanze chiamate 4-amino-7-clorochinolina e N-1,2-etandiamina". Entrambi i frammenti sono riusciti a inibire significativamente l'aggregazione delle proteine che si verifica nell'organismo malato.

"E un successo che ci fa ben sperare - sottolinea Cordeiro - anche per la sua possibile applicazione, in linea di principio, ad altre malattie neurodegenerative in cui il tessuto nervoso viene distrutto da aggregati dannosi (come nel Parkinson). Non dobbiamo dimenticare però che si tratta solo di un primo passo verso l'applicazione clinica. La ricerca di base richiede tempo prima di trovare soluzioni che vadano bene per pazienti in carne e ossa".