Tre piccioni con una fava: si potrebbe riassumere così la tecnologia push-pull, sperimentata in Africa da 18 anni a questa parte, i cui risultati sono stati presentati al 23mo Congresso Generale della TWAS in corso a Tianjin, Cina, dal 18 al 21 settembre. Una tecnologia che non usa insetticidi né pesticidi ma che, anzi, aumenta la fertilità del suolo e dà foraggio in più per il bestiame.
L’ideatore e coordinatore della strategia, Zeyaur Khan, responsabile scientifico e leader del Grass Ecosystems Program dell’Icipe (International centre of insect physiology and ecology) di Nairobi, Kenia, ha presentato i risultati di un lavoro ventennale, i quali sono stati accolti con grande interesse dal pubblico. Per la qualità del suo lavoro e per il principio di sostenibilità e rispetto per l’ambiente cui esso si ispira, Khan ha ricevuto uno dei premi TWAS Prizes 2012 (si veda in fondo).
La tecnologia push-pull è stata ideata una ventina di anni fa dall’Icipe ed è stata sviluppata con la collaborazione della Rothamsted Research (UK), del Kenyan Agricultural Research Institute e altri partner locali. È stata poi applicata in campi sperimentali, soprattutto su mais e sorgo, e si è diffusa, tanto che al momento sono oltre 30mila gli agricoltori dell’Africa orientale (nella zona del Lago Vittoria) che la utilizzano con successo.
Con poca fatica e poca spesa, permette di combattere gli insetti nocivi (soprattutto lepidotteri) e le erbacce infestanti, incrementando, in parallelo, la quantità di foraggio per il bestiame e addirittura la fertilità dl suolo. Tra i filari di piante che compongono la coltura di interesse si intercalano piante dalle proprietà repellenti per certi insetti (push) - come il desmodio (Desmodium spp.) e l’erba della pampa (Melinis minutiflora). L’appezzamento di terreno viene poi recintato da una bordura di piante trappola (pull), come l’erba dell’elefante (Pennisetum purpureum), che attrae gli insetti messi in fuga dal desmodio e dalle altre varietà.
“Il desmodio – ha spiegato Zeyaur Khan,– libera nell’aria composti volatili che allontanano le farfalle infestanti dalle colture principali e attraggono nel campo alcuni dei loro nemici naturali (vespe, soprattutto). Contemporaneamente, la bordura di piante-trappola (erba dell’elefante) attrae i fuggiaschi in una zona dove la loro presenza non è dannosa”. Sempre nel terreno, le sostanze liberate dalle radici del desmodio inibiscono lo sviluppo della striga (Striga spp.), erbaccia infestante che si avvolge attorno alle radici del mais, privando la pianta del nutrimento. Ciliegina sulla torta: entrambe le piante push-pull vengono in seguito usate come foraggio, contribuendo a diversificare le fonti di reddito dei contadini.
I campi di mais trattati in questo modo, ha spiegato ancora Khan, mostrano un aumento di produttività che va da una a cinque tonnellate per ettaro. La possibilità di reperire con relativa facilita le due piante push-pull, inoltre, non incide molto, in genere, sui costi di avviamento e di gestione.
“Su scala nazionale – ha aggiunto Khan – possiamo stimare un beneficio economico che si aggira fra i 2-3 milioni di dollari l’anno”, senza trascurare i benefici in termini di sicurezza del cibo, impiego di forza lavoro in agricoltura e maggiore consapevolezza nelle risorse del proprio paese da parte degli agricoltori.
L’indagine di gradimento
Un’indagine condotta da Khan e colleghi per verificare l’applicabilità e il gradimento della tecnica ha messo in evidenza quanto segue: in media gli appezzamenti di terreno trattati con la tecnologia push-pull hanno una superficie di 1.5-2.0 ettari; sono coltivati in prevalenza a mais, miglio, sorgo e fagioli; la ragione per cui gli agricoltori hanno scelto questa tecnologia varia dal controllo delle infestanti Striga (88% dei contadini), all’aumento del raccolto (58%), al controllo dei lepidotteri (54%), all’aumento della quantità di foraggio disponibile (41%), al controllo dell’erosione del suolo (37%) all’incremento della fertilità del suolo (35%).
Tra le ragioni che hanno scoraggiato l’uso della tecnica da parte di un certo numero di agricoltori intervistati nel corso della stessa indagine figurano invece: la mancanza di corretta informazione (50%), la percezione di avere a che fare con una tecnologia troppo laboriosa nel primo anno (46%), dato che il desmodio impiega circa 3-4 mesi per crescere, la diffidenza verso le tecnologie in generale (33%), la difficoltà di acquisto dei semi delle piante push-pull (29%) e, in misura minore, le dimensioni troppo ridotte di certi appezzamenti che non giustificavano lo sforzo richiesto (21%). Tra gli svantaggi percepiti, anche l’impossibilità di ruotare le coltivazioni, perche’ una volta impiantata la tecnologia push-pull è permanente.
“Certo, ci sono sicuramente alcuni aspetti da migliorare – ha concluso Khan – ma in generale possiamo dire che la tecnologia push-pull ha determinato un notevole miglioramento delle condizioni di vita di chi l’ha adottata”.
La ricerca è stata finanziata principalmente da Gatsby Charitable Foundation (UK), con contributi provenienti da Rockefeller Foundation, Dipartimento per lo sviluppo internazionale (DFID, UK), Global Environment Facility (Unep) e dalla Kilimo Trust East Africa and Biovision (Svizzera).