Malattie rare e paesi in via di sviluppo: un binomio troppo spesso assente dato che, nei paesi emergenti, la maggior parte delle ricerche riguarda malattie infettive o temi ambientali.
Per sensibilizzare sanitari e ricercatori sull’importanza di studiare le malattie rare anche nei paesi del Sud del mondo, in particolare nel bacino del Mediterraneo e in Medio Oriente, la Fondazione francese per le malattie rare e la TWAS hanno bandito un concorso che premia un progetto di divulgazione e promozione della consapevolezza sulle malattie rare in area mediterranea.
Vincitrice è Sonia Abdelhak, responsabile del Laboratorio di genomica biomedica e oncogenetica dell’Istituto Pasteur di Tunisi, e capocordata di un consorzio con partner in Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Mauritania e Francia. Abdelhak coordina il progetto europeo Genomedika, che sviluppa e interseca competenze in genomica medica, malattie non comunicabili e cooperazione internazionale.
Il progetto del consorzio, che si è imposto su 19 diverse proposte internazionali di collaborazione, è articolato e a partecipazione gratuita: prevede l’organizzazione del convegno scientifico “Consanguineità e malattie rare: sfide e prospettive nell’era post-genomica”, di tavole rotonde, focus group e lezioni frontali sulle più recenti metodiche di analisi dei dati che si producono con tecniche di genomica e post-genomica. L’evento, che si terrà a Tunisi il prossimo settembre, si rivolge a un centinaio di esperti, tra personale sanitario, ricercatori di genetica umana e molecolare, mentre le tavole rotonde e le lezioni frontali sono a frequenza ristretta, dedicate a giovani ricercatori.
Quali ricadute si prevedono? “Vorremmo che il convegno richiamasse l’attenzione di sanitari e ricercatori sulla crescente diffusione delle malattie rare e che permettesse di condividere es superare alcuni problemi che interessano quest’area geografica” spiega Abdelhak. “Per quanto riguarda le malattie rare, che colpiscono meno di un individuo su 2000, i paesi nordafricani stanno vivendo una transizione epidemiologica: malattie non comunicabili come sordità, cecità, malattie del cavo orale o sessualmente trasmissibili sono in aumento, e stanno diventando una priorità di salute pubblica”.
Le malattie genetiche note sono circa 7000. Quelle definite rare (1/2000 nati vivi) colpiscono il 6-8% della popolazione mondiale, e rappresentano un problma non trascurabile di salute pubblica. Il Mediterraneo e le regioni limitrofe sono particolarmente interessati dal problema a causa di fattori demografici, storici e sociali.
Un esempio che il consorzio cita è lo xeroderma pigmentoso (malattia genetica che determina elevata fotosensibilità, presidisposizione allo sviluppo di tumori cutanei, prematuro invecchiamento della pelle) che compare solo quando entrambi i geni che una persona eredita dal padre e dalla madre sono malati, e che mostra una frequenza significativamante elevata nelle popolazioni nordafricane. “La prevalenza di questa malattia – spiega Abdelhak – è 10 volte maggiore qui che nel resto dell’Europa e oltre l’80 per cento dei bambini colpiti è figlio di matrimoni tra consanguinei”. Le malattie genetiche presenti in Nord Africa sono più di 500. Di queste, ben 400 sono presenti in Tunisia, ma per circa la metà di esse non è ancora noto il problema a livello molecolare.
Durante gli ultimi 20 anni, la diffusione di indagini genetiche e di collaborazioni transfrontaliere hanno permesso di mettere a punto di test e programmi di screening per determinare le basi genetiche di molte malattie. Molto resta ancora da fare. Focalizzarsi sulle malattie rare in questa regione, avviando progetti di cooperazione euro-mediterranea, significa sviluppare e adattare localmente strategie già presenti altrove; ridurre il gap genomico tenendo in considerazione aspetti etici e sociali locali; migliorare anche localmente la conoscenza e la gestione dlle malattie rare.
In tal senso, la partnership tra la Fondazione francese per le malattie rare e la TWAS appare strategica per lo sviluppo di una regione, come il bacino del Mediterraneo, dove insistono 400 milioni di persone. Ed è in linea con la mission delle due istituzioni: mettere in rete gli attori della ricerca e promuovere in tal modo il benessere dei popoli.