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Batteri tolleranti al sale migliorano la resa dei raccolti

Batteri tolleranti al sale migliorano la resa dei raccolti

Ricercatrice uzbeca premiata al Congresso TWAS di Buenos Aires

Dilfuza Egamberdieva, microbiologa, responsabile del laboratorio di scienze agricole all’Università di Tashkent, in Uzbekistan, ha isolato dal suolo batteri tolleranti a concentrazioni saline elevate e ha selezionato ceppi capaci di iper-stimolare la crescita delle radici. Messi a contatto con l’apparato radicale, i batteri hanno determinato un aumento del 10-15% nella resa agricola. Egamberdieva spera di poter presto applicare queste scoperte per aumentare la resa di alcune varietà economicamente importanti in Uzbekistan come grano e cotone, ma anche pomodoro, paprica e cetrioli.

Egamberdieva ha presentato i risultati delle sue ricerche al 24mo Congresso Generale della TWAS, a Buenos Aires, e per il valore delle sue ricerche ha ricevuto uno dei premi TWAS di 15 mila Euro. La TWAS, l’accademia mondiale delle scienze per il progresso scientifico dei paesi in via di sviluppo, che ha sede a Trieste, è stata fondata dal fisico pachistano Abdus Salam e quest’anno celebra il suo 30mo anniversario di attività.

Più di due miliardi e mezzo di persone al mondo dipendono dall’agricoltura per la loro sopravvivenza, ma il 52 % dei terreni agricoli è ormai degradato. Spesso il degrado si deve a infiltrazioni saline nel terreno, che indeboliscono le piante e riducono la resa. Il sale, infatti, inibisce la nodulazione: la formazione di piccoli rigonfiamenti sulle radici, dove avviene la fissazione dell’azoto. L’azoto serve alla pianta per crescere, e viene fissato da colonie batteriche che trasformano l’azoto atmosferico in una forma utilizzabile (ammoniaca). In Uzbekistan, su un totale di 4,4 milioni di ettari più della metà soffre per l’eccesso di sale, proveniente dal disastro ecologico del lago Aral.

Studiando i batteri del suolo da oltre un decennio, Egamberdieva ha osservato che i terreni a elevata salinità inibiscono la crescita batterica causando stress alle piante (per scarsa fissazione di azoto). Inoltre, tali terreni ospitano spesso batteri patogeni per l’uomo, cosa che pone potenziali problemi di salute (i patogeni raggiungono le parti aeree della pianta, e se frutta e vegetali non vengono lavati, possono causare infezioni).

La ricercatrice ha individuato specie batteriche che colonizzano soprattutto l’apparato radicale e promuovono una crescita più rigorosa dei vegetali. “Questi batteri buoni – ha spiegato Egamberdieva – sono ceppi di Pseudomonas extremorientalis. Resistono a concentrazioni saline elevate nel suolo e crescono vicino alle radici, dove vincono la competizione con altri batteri, soprattutto i patogeni. Qui, producono anticorpi che le piante usano contro le infezioni fungine, stimolano la crescita delle radici e producono sostanze che promuovono la nodulazione e dunque la fissazione dell’azoto”. La pianta, in cambio, produce essudati utili alla vita della colonia batterica.

Egamberdieva ha ideato, e brevettato, una tecnica per isolare dal suolo solo i batteri rizo-stimolanti come P. extremorientalis, ottenendo miscele arricchite, che poi applica alle piante o direttamente ai semi, rivestendoli prima della semina.

“Abbiamo già completato i primi esperimenti in serra e in campo aperto, lavorando con i contadini locali” ha spiegato la ricercatrice, che è anche impegnata in attività di promozione presso il governo e di informazione agli agricoltori “ottenendo rese maggiori del 12-15% su raccolti di pomodoro e cetrioli”. Egamberdieva spera di poter estendere le sperimentazioni in campo aperto già dal prossimo anno. Le sue ricerche sono finanziate quasi per intero da organizzazioni internazionali e fondazioni.